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Il tartufo, delizia del palato e dannazione per la tasca freccemartedì 1 ottobre 2013 


Il tartufo, nonostante sia stato accertato che non possegga alcun valore nutritivo, viene ampiamente apprezzato per il proprio aroma tanto da essere unanimemente definito uno degli ingredienti principe dell’arte culinaria. Babilonesi, greci e romani erano ghiottissimi di tale alimento, anzi lo ritenevano addirittura afrodisiaco tanto da chiamarlo ‘frutto d’amore’; e la cosa non è affatto ingiustificata se si considera che tra gli esemplari di sesso femminile di cane e maiale è stata riscontrata una naturale tendenza alla ricerca del tartufo, il cui odore rievoca evidentemente in loro un forte richiamo sessuale.

Negli esemplari maschi, invece, tutto quanto attiene alla ricerca di questo prezioso tubero avviene in seguito ad una paziente opera di addestramento. Con ogni probabilità l’uomo scoprì il tartufo andando a caccia di cinghiali; qualche esemplare femmina di tale specie fu osservata, da qualcuno dei nostri antenati, scavare furiosamente sino a scovare nella terra un qualcosa che il suino selvatico divorava con avidità e manifesta soddisfazione. Ma se al progenitore del maiale si deve in pratica il merito di aver scoperto il tartufo ‘segnalandone’ la presenza sotto terra all’uomo, questi oggi si avvale per la sua ricerca nella stragrande maggioranza dei casi dell’ausilio del cane; il quale è indubbiamente un animale addestrabile con maggiore facilità, rispetto al maiale, a non divorare il prezioso tubero una volta dissotterrato.

Anticamente la ricerca del tartufo mediante l’ausilio del maiale era assai in voga; non a caso gli imperatori romani avevano le loro scrofe preferite da utilizzare all’uopo, scelte fra quelle dall’odorato maggiormente fino. Ai giorni nostri si preferisce invece impiegare cani di media e piccola taglia. Oltre allo ‘specializzato’ Lagotto, vengono altresì utilizzate razze comunemente usate per la caccia; ma anche un bastardino debitamente addestrato può dare molte soddisfazioni nella ricerca del prezioso ‘frutto’ sotterraneo, delizia sopraffina per il nostro palato e dannazione per le nostre tasche. La varietà più pregiata, quello bianco, attualmente può arrivare a costare dai 125 ai 250 euro (ma il costo sale proporzionalmente con l’avvicinarsi della stagione invernale); sicuramente è più abbordabile il meno pregiato tartufo d’estate, anche detto ‘scorzone’, il cui costo si aggira dai 25 ai 50 euro) a seconda della pezzatura.

E’ utile sapere, infatti, che il valore del tartufo non si misura a peso ma - al pari dei diamanti - a carati, e la quotazione di mercato varia in relazione all’esemplare: più è perfetto e maturo, più è costoso. Ma dove cercare i preziosi tuberi? Numerose sono le località della nostra Penisola - a cominciare dalle celeberrime Alba (in Piemonte), Acqualagna (nelle Marche), Norcia (in Umbria) e Bagnoli Irpino (in Campania) – potenziali territori di ‘caccia’ al tartufo. A tale proposito, la dorsale appenninica è un ottimo indicatore geografico per una eventuale ricerca; magari aiutati da un amico a quattrozampe dal fiuto sicuramente più adeguato del vostro. Se poi non avete un cane potreste sempre farvi aiutare dalle… mosche!. Sì, avete capito bene: una volta giunti nella tartufaia, strusciate leggermente il suolo con un bastone e laddove noterete delle mosche entrare ed uscire dalle fenditure del terreno, iniziate a scavare, e… buona fortuna!
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Marcello  Gelfusa - vedi tutti gli articoli di Marcello  Gelfusa


   
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Negli esemplari maschi, invece, tutto quanto attiene alla ricerca di questo prezioso tubero avviene in seguito ad una paziente opera di addestramento. Con ogni probabilità l’uomo scoprì il tartufo andando a caccia di cinghiali; qualche esemplare femmina di tale specie fu osservata, da qualcuno dei nostri antenati, scavare furiosamente sino a scovare nella terra un qualcosa che il suino selvatico divorava con avidità e manifesta soddisfazione. Ma se al progenitore del maiale si deve in pratica il merito di aver scoperto il tartufo ‘segnalandone’ la presenza sotto terra all’uomo, questi oggi si avvale per la sua ricerca nella stragrande maggioranza dei casi dell’ausilio del cane; il quale è indubbiamente un animale addestrabile con maggiore facilità, rispetto al maiale, a non divorare il prezioso tubero una volta dissotterrato.

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E’ utile sapere, infatti, che il valore del tartufo non si misura a peso ma - al pari dei diamanti - a carati, e la quotazione di mercato varia in relazione all’esemplare: più è perfetto e maturo, più è costoso. Ma dove cercare i preziosi tuberi? Numerose sono le località della nostra Penisola - a cominciare dalle celeberrime Alba (in Piemonte), Acqualagna (nelle Marche), Norcia (in Umbria) e Bagnoli Irpino (in Campania) – potenziali territori di ‘caccia’ al tartufo. A tale proposito, la dorsale appenninica è un ottimo indicatore geografico per una eventuale ricerca; magari aiutati da un amico a quattrozampe dal fiuto sicuramente più adeguato del vostro. Se poi non avete un cane potreste sempre farvi aiutare dalle… mosche!. Sì, avete capito bene: una volta giunti nella tartufaia, strusciate leggermente il suolo con un bastone e laddove noterete delle mosche entrare ed uscire dalle fenditure del terreno, iniziate a scavare, e… buona fortuna!
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Marcello  Gelfusa - vedi tutti gli articoli di Marcello  Gelfusa





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